Questo sarà il mio ultimo post su questo blog.
E’ un anno e più che non scrivo qui e ciò è accaduto per diverse ragioni.
La mia vita in due anni si è stravolta e non solo, perché ho cambiato continente, lavoro, paesaggi, lingua e cultura intorno a me.
Le persone che io credevo essere in un modo, cambiando luogo e quindi prospettiva, si sono rivelate completamente diverse ai miei occhi, sono cambiate.
Sia le persone a me note e presenti in Kenya, sia molte di quelle lontane rimaste in Italia (che io credevo lontane col fisico ma non col cuore), si sono mano, mano, rivelate per ciò che davvero sono, attraverso pensieri ed azioni hanno dimostrato la loro vera anima.
Purtroppo devo dire che molte, la maggior parte di loro non l’hanno fatto ovviamente in un modo positivo.
Ora per molte di queste personali rivelazioni, tante delle quali rimarranno private e non da pubblicare, e per l’ambiente estremamente corrotto trovato in Kenya, ho deciso di cambiare nuovamente vita, ho deciso di non continuare più un blog che dava un’immagine di me, che non mi appartiene più da tempo.
Gaia non è più legata al Kenya, Gaia non è più in questo blog. GaiaKenya è morta.
Infatti questo “diario sul web” lo avevo aperto tempo fa, felice di vivere una avventura che io credevo sarebbe stata dura ma comunque bellissima.
Questo spazio era qui per raccontare attraverso i miei occhi e con le mie sensazioni, agli amici ed ai conoscenti ciò che io stavo vivendo.
Ero piena d’amore per questo Kenya, tanto da legare il mio nome che in greco significa “terra” a questo paese.
Ero piena di buone idee e propositi per vivere bene nel paese, integrandomi piano, piano con le persone del posto, kenyote e straniere.
Ero piena di tanta volontà, per continuare ad aiutare i bambini di un orfanotrofio ed i loro direttori che io credevo brave persone, per andare avanti e crescere.
Ero speranzosa per un futuro nuovo e positivo in un paese che mi piaceva per molti versi.
Tutto questo in due anni si è sgretolato giorno dopo giorno.
La corruzione esplicita e sfacciata esibita alla luce del sole in ogni settore, per qualsiasi argomento e la mentalità razzista della moltitudine incontrata nel mio cammino in Kenya mi ha fatto disinnamorare completamente.
Per tutte queste ragioni e molto di più non ho più scritto su questo blog.
Ora però, a distanza di quasi un anno, sono accadute delle cose in Kenya per le quali ho deciso di scrivere l’ultimo post.
Questo è solo ed unicamente per chiarire e spiegare alcune cose, delle quali avevo scritto in un senso positivo tempo fa. Ora essendo le mie idee e conoscenze cambiate completamente, anche alla luce di quello che è successo ultimamente, devo rettificarle, per un senso di correttezza in generale che sento dentro e nei confronti di persone di buon cuore che so hanno seguito la storia dei bambini meno fortunati in Kenya anche su questo blog.
Se vi collegate al sito internet e pagina facebook SAVEAMALJA.ORG, leggendo la storia completa che è stata pubblicata, ci sono anche degli stralci di una mia intervista, capirete meglio quel che sto per scrivere qui di seguito.
Vi prego per tanto, che siate nuovi, o vecchi lettori di questo piccolo blog di leggere quello che verrà pubblicato agli indirizzi di cui sopra.
Nel 2010 pochi mesi dopo essere giunta in Kenya per viverci e dopo quasi 4 anni di numerosi viaggi in quel paese, mentre cercavo di aiutare di più, insieme a degli amici un orfanotrofio, sono giunta ad una triste ed amara consapevolezza sulla mentalità e sullo stile di vita di molte persone in Kenya, a riguardo del fragile tema dei minori in generale e degli orfanotrofi.
Se arrivi in uno di questi paesi come il Kenya, ma posso immaginare sia così anche per altri in Africa, vieni colpito alla pancia. (n.d.r.vedi articolo su orfanotrofi di BALI del 7 dicembre 2011 della BBC che mi hanno girato da SaveAmalja)
TU, occidentale, appena sceso dall’aereo e fatto salire su un pulmino, vieni investito con un forte pugno allo stomaco dalla visione continua di scene pietose. Piccoli bambini mal vestiti di soli stracci, sporchi e mezzi malati che giocano tra la spazzatura abbandonata ovunque insieme a cani mezzi randagi, vacche e capre.
Se si arriva in Kenya e si va poi nella zona di Malindi, per gli italiani è un tuffo al cuore sentire gridare uno di questi piccolini, alti anche meno di 50cm, con gli occhioni sgranati e la bocca spalancata, con tutta la voce che ha in corpo un “ciiiiiiaaaaaoooooo” anziché un “jambo”, mentre dall’altra parte della strada, cerca di farsi vedere tra gli arbusti o cumuli di spazzatura.
Per noi dal cuore tenero e la coscienza inspiegabilmente ed istintivamente “sporca”, senza che ce ne sia davvero un motivo, ci sentiamo trafiggere come da un dardo dalle voci di questi bambini.
Ed ecco lì, senza che ce ne si renda conto, il primo aggancio è avvenuto.
Poi proseguendo e arrivando in alberghi e hotels, molti di questi turisti sono ossessionati oramai da quelle faccette e dalle vocine, collegate a quell’immagine di povertà e disperazione.
Da lì in poi ignari di ciò che sta accadendo, ci si ritrova in un percorso a tappe, organizzato spesso da qualche tour operator locale, o peggio dai guidatori di taxi, jeep e pulmini.
Chiunque, sarà portato a vedere prima incredibili animali selvaggi in savana, fantastici pesci in riserve marine favolose, quindi sarà portato anche a visitare, ovviamente il villaggio poverissimo, la zona poverissima della città, fino all’orfanotrofio poverissimo del quartiere.
A quest’ultima tappa del viaggio, il cuore e la coscienza di molti di questi turisti e brava gente, è inevitabilmente scosso.
Così, a quel punto, i turisti nell’orfanotrofio, messi di fronte a decine e decine di bambini in fila a cantargli la tipica canzoncina “Jambo, jambo bwana…”, crollano tutti emotivamente e clamorosamente.
Queste piccole creature danno inizio, anche loro inconsapevolmente quindi, alla fase finale del processo iniziato poco fuori l’aereoporto.
In questi posti i bambini sono vestiti leggermente meglio rispetto agli altri fuori, stanno in case leggermente più stabili delle altre che sono fatte solo di fango e foglie di cocco, questi hanno una parvenza di cucina, ma ovviamente spoglia e vuota di cibarie e di solito si è accolti da una o due persone locali, che si presentano come i salvatori di questi bambini. Questi infine ti fanno fare il tour della loro struttura, facendoti vedere la dispensa vuota, la povertà delle camere da letto, molte senza letti e solo materassi buttati a terra, il buco nel pavimento come bagno, ti mostrano l’insegna scrostata della loro “casa famiglia” o “centro per la cura dei bambini” o “orfanotrofio” e così chiunque si sente quasi felicemente spinto ad aprire il portafoglio.
A molti poi, sono certa gli viene il dubbio che questi soldi non vengano utilizzati tutti ed unicamente per i bambini ma pensano, illudendosi, che anche se solo una piccola parte arriva per i bambini, i soldi sono ben spesi.
Questa è una cosa assolutamente, che vorrei, per esperienza diretta e personale, sconsigliare a chiunque!
E’ assolutamente assurdo pensare questo, perché vorrei far riflettere un po’ di più sul fatto che in pratica, facendo così non si fa altro che sovvenzionare un “circo di Buttafuoco”. I bambini sono “piccole bestioline” in mostra in uno zoo per umani. Queste creature sono messe sul palco della povertà e miseria, appositamente ed unicamente per commuovere, per far risalire nelle coscienze europee, emotività e compassione. Fortissimi sentimenti questi, dei quali come dicevo, molti turisti sono forniti, purtroppo però insieme anche alle video e fotocamere. Pronti a scattare e farsi scattere foto ricordo coi bambini che credono di aiutare, svuotandosi le tasche e “alleggerirsi” così la coscienza.
Di fatto facendo così, si sta donando a questi aguzzini soldi, che a noi sembrano pochi ma che se li moltiplicate per i centinaia di turisti giornalieri che arrivano a frotte coi pulmini, potreste velocemente fare i conti di fine giornata (io l’ho fatto per 3 giorni di seguito dalla mattina alle 11, al pomeriggio alle 3 e considerate che i turisti iniziano ad arrivare anche prima e ovviamente arrivano fino alle 7 di sera dopo il mare… Un anno fa ho contato, di quelli che ho intervistato su quante offerte hanno lasciato e visto coi miei occhi, circa 700€. In 3 mezze giornate durante la bassa stagione!!!)
Scusate ma ai famigerati zingari in Italia ed in Europa quanti di voi sganciano da un euro fino ad arrivare anche a 50-100 euro a volta?
Quanti di voi danno tutti questi soldi ai genitori di questi bambini seduti per terra o in metropolitana?
E’la stessa tecnica, travestita in maniera diversa e se si può anche peggiore. Tanto gli “zingari cattivi”, ci è stato inculcato, mettono i bambini sporchi, mal vestiti per le strade per commuovere e ricevere soldi, così molti di questi falsi e fatemelo ripetere, FALSI orfanotrofi mettono frotte di bambini in queste strutture per raccogliere quanti più soldi gli è possibile.
E se a qualcuno pensasse “allora gli compro io direttamente mobili, scarpe, libri, cibo….”, lasciate perdere appena voltato l’angolo molta di quelle cose saranno vendute, perfino i polli surgelati.
Ci abbiamo provato in ogni modo prima di gettare la spugna.
Soprattutto dopo che ho visitato altri orfanotrofi questi seri e ben organizzati, gestiti, purtroppo va detto, da persone europee e ho visto l’enorme divario di stile di vita di altri bambini non mi davo pace.
Questi bambini dove e come arrivano nelle mani di quei personaggi da film horror?
Me lo sono chiesta molte volte in questi ultimi 2anni mentre cercavo di non farmi più trascinare in un inferno emotivo.
Sono giunta a delle conclusioni, dopo averne viste e sentite tante, aver ascoltato molta gente con anni di esperienze, ho intervistato molte persone, sia stranieri che kenyoti che hanno provato ad aiutare davvero i bambini e i quali mi hanno aiutato a darmi la formula di questo scempio ed è presto spiegabile.
Mettici un paese tenuto nella povertà ed ignoranza dal proprio governo, mettici un’assenza appunto di educazione di qualsiasi tipo, aggiungici una sessualità spregiudicata e non protetta, molti anche stupri e violenze per carità, mettici la “cultura” che molti hanno e ti raccontano con sorrisi non proprio consapevoli, che fare figli allunga la vita e porta fortuna (nel senso per loro però che questi da grande poi ti potranno mantenere). Aggiungi il fatto che in Kenya tutto si vende, basta fare soldi. Mescola il tutto con un’assenza totale di controllo del territorio e delle strutture, infatti nessuno sa o meglio fornisce, dati ufficiali di quanti orfanotrofi governativi ci siano, quanti di privati e registrati ufficialmente e quanti altri invece non autorizzati siano in tutto il Kenya. Ecco, mettici questo, più una serie di ulteriori motivazioni, aggravanti che non sto qui ad elencare ancora….Cosa ottieni?
Il caos, l’anarchia totale sulla gestione di bambini disagiati.
Ora in tutta questa melma, mi e ci siamo ritrovati con degli amici nel cercare di aiutare un orfanotrofio e i suoi bambini.
Dopo diverse lotte e strategie andate a vuoto, ho abbandonato completamente l’idea di aiutare quella struttura. Ho assolutamente lasciato perdere l’utopico sogno di vedere stabilirsi questi bambini in un ambiente sano, con una minima speranza di poter studiare e fare un domani forse una vita decente.
Questa è la mia esperienza ma come dicevo non sono stata l’unica a vivere queste cose, ci sono persone che le raccontano anche meglio di me. Non siamo soli in questa melma, purtroppo però, mi viene da dire.
Ho visto e ascoltato storie che vorrei avere il coraggio di descrivere e di combattere ufficialmente per aiutare quante più persone, bambini sarebbe giusto aiutare.
Ma ne sono certa, scriverei “Una Gomorra kenyota” e dovrei poi vivere sotto scorta ogni volta mettessi un piede in Kenya e forse pure fuori.
La mentalità mafiosa non nasce in Italia e poi si espande, espatria all’estero e ce la copiano. No, la mafiosità è insita nell’animo umano, punto. Noi italiani abbiamo semplicemente trovato e dato una parola ad un lifestyle, chiamiamolo così.
Sono passati mesi stancamente lunghi con uno sgretolamento sistematico, traumatico e giornaliero della nostra, della mia, sciocca, infantile, fasulla consapevolezza su chi fossero queste persone.
Dico sempre che il Kenya mi ha tolto tanto, mi ha fatto invecchiare, mi ha tolto la freschezza, la poesia, l’amore dei quali ero ricca all’inizio per il paese e la popolazione.
Mi ha svuotato.
Il Kenya però mi ha dato anche tanto, mi ha fatto vedere la realtà delle cose e delle persone, mi ha aperto gli occhi sulla loro vera natura, mi ha “regalato” le storie orribili dei bambini che hanno risvegliato in me una più forte voglia di rivalsa e di giustizia, mi ha reso più matura e si spera anche più saggia.
Il Kenya mi ha anche quindi risvegliato.
Il risveglio non mi è piaciuto molto ma è così che doveva andare.
Una cara amica mi dice che sentendo queste cose, vivendo queste esperienze, il suo corpo le sta dicendo con mille dolori ovunque che non vuole vedere, sentire e vorrebbe decidere di andare avanti, “prescindendo dal proprio corpo” così da non soffrire.
“Prescindere:fare astrazione da ciò che non si ritiene rilevante –lasciando da parte, non considerando.”. Questa è la descrizione del verbo prescindere. Non si può prescindere quindi, credo, dal nostro corpo che manda segnali e neanche prescindere dalle persone e dai fatti che ci stanno intorno e che ci accadono.
Per tutto questo non ho scritto più su questo blog di una giovane donna sognatrice che non c’è più ma allo stesso tempo per tutto questo, ho deciso che questo ultimo post era dovuto anche se e soprattutto che “il sogno non c’è più”.
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