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Posts Tagged ‘ospedali africani’

Malindi 7 luglio 2010 ore 21.20 ora locale (Italia -1 ora per via dell’ora solare)
LeaMwana Agnes prima dell'incidente
Nell’ufficio di Cristopher guardavo la foto di Agnes ha la mia età o forse un anno di più. Ha gli occhi profondi e dolci, è sua moglie. Hanno tre figlie, una di 15 ed una di 12anni molto diverse fra loro entrambe però molto educate e responsabili, poi c’e l’ultima di soli 3 anni, Zanella. In assoluto la più buffa e allegra di tutte, canta e balla tutto il giorno e poi parla in una lingua tutta sua che solo i suoi parenti, ovviamente, riescono a comprendere. Ha un carattere forte e un po’ ribelle se si mette in testa qualcosa niente e nessuno la fa desistere. Negli anni passati, piccolissima era portata sulle spalle a turno dalle bambine dell’orfanotrofio e veniva accudita da tutti loro come una sorella minore. Spesso, per non dire sempre, lei era presente, nelle nostre gite con i bambini. Anche le altre due figlie di Agnes e Christopher fanno parte del gruppo, sono sempre insieme a tutti i bambini e i ragazzi del LeaMwana.
Spesso rimangono da sole a controllare i loro “fratelli”e nel passato mi chiedevo osservandole,chi fosse la loro madre. Le bambine erano appunto frequenze fisse al LeaMwana e se arrivavo senza avvisare, una correva a casa lì vicino a chiamare il padre, il quale, spesso sempre e solo lui, arrivava con Zanella sulle spalle. Conoscendo Christopher, pur riconoscendogli carattere e uno spirito di organizzazione eccezionale non me lo vedevo ad educarle da solo, mi chiedevo chi e dove fosse la moglie e senza voler entrare troppo nel suo privato gli chiedevo semplicemente in generale della famiglia e lui sempre sorridente mi rispondeva “bene, bene sono a casa”. Ero curiosa di sapere come facesse questo uomo da solo ad organizzarsi con 3 figlie ed altri 35 bambini da accudire. Sapevo che la moglie lavorava nel campo dell’educazione, perché 3anni prima mi aveva detto che appunto lavorava part time in un asilo e quindi me la ero sempre immaginata presa con altri bambini da un’altra parte. In questi anni quindi LeaMwana era per me rappresentato da Christopher e basta. Qualche tempo fa, arrivando al LeaMwana, dopo una delle nostre gite, entrando lentamente nel piccolo cortile sabbioso, noto una signora seduta su di una sedia, ha una postura strana un po’ rigida, indossa uno scialle arancione sulla testa, penso che sia tipico di certe musulmane che si coprono solo la testa, intravedo in lei un sorriso e Amani, uno dei piccoli che sponsorizziamo, sussurra “ecco la signora”. Questa signora un po’ con fatica si alza dalla sedia e mi si avvicina lentamente, noto subito che c’è qualcosa che non va nel suo viso, le braccia e le mani hanno una postura strana. Realizzo in un attimo che ha vistose bruciature in faccia e sugli arti. La signora è ustionata, vecchie ustioni, oramai cicatrici che la legano nei movimenti e la rendono rigida nella postura.
Mi viene incontro e mi chiede se sono Gaia, rimango un po’ interdetta, Amani al mio fianco risponde per me, e lei mi butta le braccia al collo, mi tira a sé e mi stringe in un abbraccio. Sento le sue braccia piegate rigidamente in un’angolatura strana, io sono più rigida di lei, dalla sorpresa, non capisco cosa stia succedendo e chi essa sia. Ma lei senza capire i miei pensieri comincia a parlare e mi dice che mi ringrazia che i bambini parlano sempre di me, che Christopher gli parla da anni di Paolo e Gaia e che finalmente ci può vedere. Dopo pochi minuti capisce che io la guardo con un grande punto interrogativo dipinto sulla faccia e allora mi chiede: “ma sai chi sono io?” la guardo, mi sforzo di capire, mi sembra un viso noto, lo sguardo mi dice qualcosa ma sono certa di non averla mai conosciuta e poi di botto mi risponde con un largo sorriso che mette in mostra ancora di più le cicatrici che le incorniciano la parte bassa dal viso e mi dice. “sono Agnes la moglie di Christopher!”.
Non riesco a capire, la guardo e non riconosco la donna di appena 35-36 anni che dovrebbe essere, non corrisponde all’idea di donna che avevo, che guardavo nella foto nell’ufficio di Chris. Riesco a dissimulare il mio sgomento, faccio la svampita e comincio a parlare in generale dei bambini, con una scusa mi allontano e mi trascino via con me Amani, girato l’angolo lo blocco e lo riempio di domande su di lei, lui, sulle bruciature, su tutto. Amani con voce bassa e incerta risponde a tutto ma le sue risposte non sono abbastanza approfondite per me quindi lo liquido ringraziandolo. Torno indietro nel cortile e leggo nella faccia di Paolo rimasto da solo in piedi sotto il portico, le stesse mie domande, che intanto guarda interrogativo, il nostro guidatore di tuc-tuc che parla fitto fitto con Agnes e si abbracciano e lui sembra commosso e felice. Mi avvicino al gruppetto e chiedendo scusa, saluto Agnes promettendole di rivederci presto e ce ne andiamo verso il tuc tuc per tornare a casa.
Appena pochi metri dopo il LeaMwana sia io che Paolo ci proiettiamo in avanti verso la grata che ci separa dall’autista e lo tempestiamo di domande e così dopo anni di “buchi”, e di nostra inconsapevolezza, la storia di Agnes riaffiora dalle parole e dai ricordi di Mohamed il guidatore di tuc tuc.
Agnes, due anni e mezzo prima era a casa con la piccola Zanella che aveva pochi mesi, era stanca ma era ancora bellissima dopo la terza gravidanza che l’aveva un po’ affaticata e tenuta lontana dai suoi bambini dell’orfanotrofio che gestiva insieme a suo marito. Quella domenica aveva passato la mattina al LeaMwana con i bambini e vedendo rientrare Cristopher dopo una partita di calcio mentre lui stava facendo una doccia, voleva riscaldargli il pasto. Questo è l’ultimo ricordo di Agnes.
E’ quello che racconta a tutti in questi giorni che è ritornata a stare al LeaMwana. Poi più nulla e si risveglia in ospedale, con la parte alta del corpo, braccia comprese trasformate in dolorosissime profonde piaghe date dalle vampate di fuoco che l’hanno avvolta nella frazione di qualche secondo mentre scaldava su di un braciere il pranzo del marito.
Di quella foto dove si vede una donna affascinante con un bellissimo viso, guardandola oggi non rimane quasi più nulla, ma i suoi occhi forti, dolci e profondi sono ancora lì a testimoniare che la persona che era e che è ancora dentro esiste, forte e determinata a riprendersi la sua vita e i “suoi” bambini.
Se Cristopher era già per noi un mito prima, sapendo ora, che per anni non si è mai lamentato, mai sfogato di quello che aveva colpito lui e la sua famiglia, vedendo poi come ha continuato imperterrito ad occuparsi dei bambini e della sua famiglia, aumenta la stima per lui. Avendo conosciuto anche Agnes e la sua storia l’ammirazione per entrambi è alle stelle e questo ci serve e ci è servito per crescere e per gestire nostre situazioni e piccole sventure con ancora più coraggio e perseveranza.
Agnes tornerà nei miei post perché è uno spunto di vita eccezionale, che dovrebbe essere d’esempio per molti che si lamentano per meno, molto meno.

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