Malindi 14 aprile 2010 ore 4.25 ora locale (Italia -1 ora per via dell’ora solare)
Dopo un mese di black out sul mio blog e nella mia vita, dopo un primo avviso di scroscio violento di un temporale che annuncia il periodo delle piogge che mi ha risvegliato in questa notte, o meglio da più notti travagliate passate in tristezze e pensieri bui, eccomi nuovamente qui, come spesso mi capita a mettere per iscritto i miei pensieri e le emozioni, quando prendono forma e purezza.
Questo mese è stato per me forte e profondamente formante sotto il profilo umano e psicologico, un allenamento per lo spirito e la forza di carattere. Non so perché mi ero utopisticamente illusa e quindi ingannata, creandomi false aspettative, come spesso ancora mi accade, che qui la mia vita sarebbe cambiata non presentendomi alcun conto.
La prima lezione è stata la morte di Whisky, trovato morto investito da un’auto e vigliaccamente nascosto e portato lontano dal guidatore in un campo e sfilatogli il collare con la medaglietta, se n’è liberato senza preoccuparsi di chiamare il numero che aveva trovato al collo. Dopo pochi giorni l’altro mio gatto “storico” Coco, altro persiano come Whisky, è precipitosamente dimagrito e si è scoperto non avere i reni più funzionanti e in pochi giorni ho dovuto farlo sopprimere. Nel frattempo nubi burocratiche e legali si avvicinavano ai nostri progetti, prospettando spese ulteriori e non previste, rendendo le mie idee e i miei entusiasmi densi, pesanti e lenti.
Ad aggiungersi per non bastare, il nostro trasferimento in una villetta tanto atteso per un mese si è rivelato un problema dietro all’altro; la poca pulizia dei tetti in Makuti ci ha fatto ritrovare con vermi e termiti nel legno che riempivano ogni superficie di fastidiosa e insana polvere delle travi mangiate dagli insetti che ci obbligava a lavare e rilavare qualsiasi cosa e che a nostro dire ci ha riempito di eritemi. La pessima manutenzione inoltre dell’edificio e l’assenza di zanzariere a molte finestre e soprattutto alla porta-cancello del living room realizzato a veranda, permetteva a decine di rospi di diverse dimensioni di entrare all’interno della cucina e dei mobiletti che contenevano cibo e pentole e per quanto poco igienico fosse, questa loro presenza all’inizio non inquietava granché, fino a quando non abbiamo trovato degli altri ospiti e capito a cosa di molto più pericoloso dell’igiene potevano portarci in casa.
Una sera poco prima di coricarci un urlo dal giardino a pochi metri dalla nostra camera ci ha fatto rizzare i capelli e i peli di tutto il corpo, poco prima uno strano abbaiare dei cani della nostra vicina mi aveva già messo in uno strano senso di allarme. Appena sentito l’urlo mi sono precipitata fuori chiamando il nostro ascari e Paolo che si trovava in quel momento dai nostri amici venuti dall’Italia e che avevamo posizionato in un grazioso cottage attiguo al nostro giardino. Non abbiamo capito subito di cosa si trattava, perché la notte, il folto giardino che ci separava nonostante i pochi metri e la lingua Kiswahili per nulla di nostra conoscenza e le ataviche paure emerse in tutti noi, non ci avevano permesso di capire esattamente cosa fosse successo. Così in inglese ho pregato la nostra guardia di accompagnare Paolo e di avvicinarsi al cancello della vicina per chiederle cosa fosse successo; nel frattempo mi sono premunita di chiudere i nostri gatti rimasti e i cani in casa con mia madre e mentre stavo per raggiungerli, Paolo dal basso muro di cinta mi annuncia urlando una frase che avevo letto solo nei libri ed in particolare in quelli della Kuki Gallmann e che speravo, scioccamente ed utopisticamente(appunto mi ripeto nelle infantili aspettative) di non vederla uscire dalle pagine di un racconto: “Gaia, sembra ci sia un serpente enorme, di molti metri che ha attaccato la vicina e il cane è stato morso!”, in un lampo un solo pensiero -dove diavolo ho messo il biglietto da visita?- In una delle nostre tante gite degli anni passati avevo conservato i riferimenti della Snake farm di Watamu, importante centro di raccolta e studio di serpenti e relativo centro antiveleno che dista a qualche decina di chilometri da Malindi, dove, attenta come una scolaretta diligente avevo preso appunti su molti serpenti, sulle loro caratteristiche ed ovviamente sulla loro pericolosità. In un secondo flash mi sono resa conto che avrei fatto prima a telefonare al veterinario dr.Harry che avevo conosciuto per la morte di Coco qualche giorno prima ma anche qui trovare il maledetto biglietto da visita sembrava un’impresa e senza perdermi in stupide e vane ricerche in mezzo a carte vecchie di un fresco trasloco, ricordandomi di aver visto su di una rivista dell’associazione italiana di Malindi un articolo sullo stesso veterinario con il suo numero, che giaceva davanti ai miei occhi sul tavolo in mezzo a mille carte, mi sono messa come una furia aiutata dalla mia memoria visiva e fotografica a sfogliare in pochi istanti le pagine e recuperare così il numero. In altrettanti pochi secondi, riuscendo nel frattempo a parlare al di là del muro con Paolo lo avvisavo di quello che stavo cercando di fare e chiedevo ulteriori informazioni su dimensioni e fattezze del serpente. Il Dr Harry velocissimo nella risposta alle mie affermazioni azzardò la presenza di un pitone e mentre lui mi cercava il numero del Dr Taylor, proprietario appunto della Snake Farm, io, rimanendo incollata nervosamente al telefono mettevo sotto l’enorme fessura della porta che permetteva ai maledetti rospi di entrare ovunque un asciugamano, dato che mi prefiguravo già un pitone nella mia camera da letto.
Il tutto si è svolto in pochi minuti che sembravano ore e secondi al tempo stesso, appena ricevuto il numero chiamavo la Snake farm e mentre mi cambiavo le scarpe correvo verso la vicina, perché come infatti avevo previsto il dottore ha incominciato a farmi domande sul serpente e mentre gli spiegavo la situazione mi sono avvicinata alla villetta e in un gruppetto di persone tra cui riconoscevo l’alta e massiccia figura di Paolo, c’era una donna di colore, piegata come su di una sedia in una tuta grigia, piccola e tremante con gli occhi che gli uscivano dalle orbite e le lacrime che le rigavano le guance, cercava di spiegare che aveva nel giardino il serpente più grande mai visto. Dai gesti che faceva alla guardia con le mani e le braccia sulla dimensione e lunghezza del serpente mi faceva intendere fosse un esemplare enorme, il Dr.Taylor quindi al quale riferivo la scena e i discorsi mi confermò nuovamente l’ipotesi del pitone. A quel punto mi disse quello che volevo sentire e cioé che sarebbero partiti per Malindi, mi pregava di dargli indicazioni precise sulla località e dopo 40 minuti sarebbero arrivati in nostro soccorso. Chiusa la comunicazione mi avvicinai alla donna era vestita “da casa” con i calzini di spugna ai piedi si era precipitata fuori, sorpresa forse mentre era intenta a guardare la tv o chissà, tremava e singhiozzava e ci diceva che il suo cane, Jasmine, nel difenderla era stata morsicata e che l’altro cane rimaneva in casa a fianco all’altro ferito. Li avevo visti qualche giorno prima attraverso la cancellata, una era un incrocio con un cane tipico di qui “africano” ma di colore bianco e nero e l’altra era una rottweiler piccola di taglia, molto probabilmente incrociata e quindi non imponente ma dal carattere tipico battagliero ed aggressivo, quindi le chiesi di andare a recuperarli con l’aiuto della nostra guardia. Dopo molte insistenze da parte mia e tante parole di coraggio sul fatto che il serpente sicuramente si era andato a nascondere in fondo al giardino, lei e la non molto convinta guardia, entrarono in casa, pochi minuti e la vidi uscire ancora più scioccata e distrutta ripiegata su di sé. “Il mio cane è morto, è morto …” Un secondo brivido sulla mia oramai pelle di cappone me la fece alzare ancora – dio mio se è morto non era un pitone!- “Sei sicura?Che sia morto? Non è sotto shock?Hai visto se respirava?” Niente, scuoteva la testa, gli occhi ancora più fuori dalle orbite e continuava solo a ripetere “il mio cane è morto è morto”. A quel punto come spesso mi accade nei momenti di immobilità apparente del mondo e degli altri, io non riesco a stare ferma, soprattutto se si tratta di un bambino o di un animale e così mi sono girata da Paolo che aveva già capito e con un solo sguardo mi ha seguito, una frase all’Ascari e con torce e mazze siamo entrati in casa. Disordine, sporcizia, accatastamenti vari di qualsiasi cosa, in quell’istante memorizzavo le immagini e le mettevo da parte, solo dopo mi sono resa conto di quel caos ma in quel momento cercavo solo il cane, i cani ed eventualmente un serpente enorme che a quel punto teorizzavo essere molto velenoso, per uccidere un cane di media taglia in poche decine di minuti.
Quasi subito li abbiamo intercettati, prima il meticcio bianco e nero, spaventato come la sua padrona, con le orecchie tese e sparate come vele triangolari se ci fosse stato vento avrebbe potuto prendere il volo, stava a fianco al corpo che pareva esanime dell’altro cane, vedevo solo il posteriore e le zampe, presi coraggio e mi avvicinai ancora e la scena mi ricordava quando, pochi giorni prima avevo dovuto riconoscere il corpo del mio amato gatto Whisky, buttato in mezzo a dei cespugli di bouganville.
Mille flash nella mia memoria e nel mio passato :un ascensore stretto, dei carabinieri altissimi,io piccolissima, una casa vuota e buia, poi flash e mia madre che piange disperata e poi un altro flash, mio zio che mi dice che mio padre non torna più, un altro flash una bara, la sua bara sul ciglio della fossa aperta e io che intravedo le sue gambe, i suoi piedi.
Nella pericolosità del momento e di rimanere lì la mia mente gioca strani scherzi, scuoto la testa, schiarisco la vista strizzando gli occhi, torno al presente e vedo un lieve movimento nel costato, scosto il panno della poltrona sotto la quale era accasciata e un muso spunta, mostrandomi un ringhio,per paura, per dolore e per sopravvivenza, “Ok, tesoro, sei viva, ora ti mando la tua padrona”, dietrofront immediato di tutte e tre e con gran sollievo della guardia che non era a suo agio in una stanza piena e soprattutto di due cani e di cose accatastate che nascondevano un probabile serpente. “Il tuo cane è vivo, è sotto shock, fila dentro a recuperarlo, lui e l’altro. Fatti accompagnare dalla guardia ma vai a recuperarlo dobbiamo vedere cosa c’ha!”, la spingo a quel punto, la strattono dolcemente ma fermamente, le sorrido e le dico che ce la può fare, non c’è pericolo. Dopo interminabili minuti escono, il cane zoppica vistosamente, con mio raccapriccio noto che la zampa è leggermente più gonfia, capisco che è velenoso, non aspetto neanche il tempo che lo sguardo scivoli via dalla scena per ragionare che già il mio dito stava premendo il tasto dell’ultima chiamata: “ Dr.Taylor sono di nuovo io, il serpente deve essere velenoso, il cane ha una zampa gonfia e credo si gonfierà ancora ma che diavolo di serpente può avere dimensioni da pitone enorme ma essere velenoso?”, “Puffeder…”, vuoto nella memoria e frustrazione per non capire bene cosa stia dicendo, non avere la padronanza della lingua in questi momenti ti toglie forza, chissà cosa mi sta dicendo, non capisco, lui lo intende dal mio silenzio e mi spiega il tipo di serpente e in un italiano stentato mi ripete: “Puffeder, vipera soffiante…”. Porca miseria, me la ricordo, bestia per me orribile e per Paolo affascinante prima di attaccare emette un sibilo, un soffio profondo per me angosciante. Arriva a diametri e dimensioni importanti ed ovviamente è velenosa, molto velenosa. Da quel istante al mio ripetere ad alta voce il nome in inglese e in italiano, la già tesa atmosfera, se possibile lo é diventata ancora di più, minuti frenetici sono passati per organizzare l’arrivo del veterinario alla clinica mentre Paolo ed io andavamo ad aspettare sulla strada l’arrivo del pick up di quelli della Snake Farm. Mentre aspettavamo lontano dalla casa, purtroppo i guardiani, insieme al compagno della donna nel frattempo accorso, hanno cercato, stanato ed ucciso un serpente, dico purtroppo, perché uccidere un serpente comporta danni che uno non comprende al momento, perché si pensa di togliere un problema ma invece significa perdere veleno e quindi antidoto preziosissimo. Bastava aspettare e quelli della Snake farm lo avrebbero catturato. Inoltre il serpente preso, era sì, una vipera soffiante ma di dimensioni notevolmente inferiori, perché era “solo” un cucciolo di un metro e venti centimetri circa, mentre quello descritto dalla donna doveva essere o la madre o il padre e con tutto il trambusto e la caccia nei cespugli del giardino l’avranno sicuramente messa in fuga. Perso un esemplare importante per studio e per antidoto e messo in fuga vicino ad altre ville, cacciare un serpente non è togliere un problema ma spostarlo solo di qualche metro o di qualche giorno.
Ucciderlo, è ridurre la quantità di siero che può aiutare molte vite di tante persone.
Oramai è andata, nel frattempo il pensiero va al cane, salvare intanto Jasmine e così caricata sul pick up l’abbiamo portata dal veterinario, la donna era troppo sotto shock per ragionare velocemente e così ci siamo fatti scortare dai cacciatori di serpenti che erano abbattuti e affranti per essere corsi senza poter salvare il serpente e nel tragitto intanto dai loro sguardi attenti e preparati avevano compreso la scena in pochi minuti e mi stavano dando un resoconto agghiacciante. Il giardino era incolto e sporco, oggetti, cose vecchie e legni erano accatastati ovunque, topi e ratti erano stati visti dalla donna interrogata dai cacciatori e i molti rospi presenti avevano creato un habitat ideale e confortevole per i serpenti, per le vipere soffianti e mi spiegavano con calma che dove si avvista un cucciolo ed un adulto di vipera soffiante di solito ce ne sono molti altri. Al ritorno, dopo un ‘ora dalla clinica, senza sapere se il cane ce l’avrebbe fatta, pensieri cupi si addensavano nella mia mente.
Erano giorni che non facevo uscire i gatti dalla mia camera e non ero tranquilla a tenere di notte i cani nel living-room aperto su ogni lato, senza sapere il perché. Paolo nelle mie ansie ricorrenti e per quello che era appena successo coi gatti non insisteva fortunatamente nel smontare ironicamente le mie apprensioni, forse perché è di animo delicato e capisce i miei dolori o perché ha imparato a conoscere il mio sesto senso e spesso ci confida più lui di me anche se non me lo dice mai. Guardandomi col suo sguardo calmo e sorpreso come spesso ha in momenti di emergenza mi dice ”lo sentivi che c’era qualcosa che non andava, hai visto? Di nuovo il tuo sesto senso.”
-E’ una qualità, Gaia, è una cosa positiva non è qualcosa di cui aver paura, è il tuo campanello d’allarme che devi seguire e benedire-me lo ripeto ogni volta che mi spavento quando scopro che una sensazione, un presentimento al quale non vorrei dar ragione, invece si rivelano giusti.
Da quella notte siamo rimasti barricati in camera, anche con i cani a dormire sotto il letto con asciugamani a mò di barriera e da quella notte molti serpenti sono stati trovati e molti ranocchi e rospi sono stati cacciati dalle camere e dalla cucina. Dopo pochi giorni dai serpenti, il ritrovamento di uno scorpione per l’esattezza una scolopendra con la quale avevo avuto un incontro ravvicinato e doloroso l’anno scorso, dopo la fuga dei nostri amici da quel cottage in un’altra struttura, senza considerare vermi e termiti e rospi, tutti questi fatti ci hanno convinto ad imporci con la padrona di casa e di decidere di andarcene nonostante questa provasse a convincerci che tagliando un po’ le piante della villetta vicina, sempre di sua proprietà e dalla quale appunto arrivavano i serpenti, non avremmo avuto problemi.
La vita è mia e non ci sto a rischiare, soprattutto se devo lasciarla in mano alla cattiva gestione di qualcun altro.
Quindi dopo solo pochi giorni in quella villetta e molti problemi, nuova ricerca di casa ed ennesimo trasloco, siamo a quota 4 in due mesi, non male per una che odiava i traslochi.
Ora, nonostante tutte le ragioni per la pericolosità della situazione, la padrona di casa sta provando a richiederci due mesi per mancato preavviso e non sta pagando le persone che erano alle sue dipendenze ma che hanno lavorato per noi in quei pochi giorni e per le quali, avrebbe dovuto usare la quota sostanziosa dell’affitto rimasta, per saldare appunto le piccole spese relative alle ore della donna di servizio e della guardia, tenendosi nonostante non ne avesse diritto il cospicuo resto che avevo deciso di donarle.
Quindi ora mi devo rivolgere ad un avvocato e dopo i problemi avuti con e per gli animali eccomi a dover risolvere le beghe legali e burocratiche con le persone che cercano sempre di approfittare di chiunque e soprattutto di persone come me e Paolo che siamo sempre gentili, accondiscendenti e ben pensanti. Ma questa non la passa liscia, ora, oltre a richiederle indietro i soldi che volevo regalarle, le chiedo i danni e faccio verificare dagli uffici competenti che le persone che lavorano per lei e che manda nelle villette in affitto facendosele ri-pagare profumatamente, siano come dice lei, davvero in regola.
Pronti via si ricomincia con la lotta.
Anche per entrare in questa nuova casa, nella quale mi trovo molto bene e spero di starci per i prossimi mesi, stiamo lottando contro un avvocato che dire sleale é dire poco.
Oltre a scoprire che la parcella per la compilazione del contratto d’affitto e della relativa registrazione spetta a noi e non al proprietario, nonostante abbia scelto lui l’avvocato, perché consigliato da italiani (che qui non rappresenta il marchio Doc o Dop ma Dcf: “di certa fregatura”) cosa comunque che devo in ogni caso approfondire, il –così detto professionista- ha avuto il coraggio di presentarci una parcella di un importo pari a € 1.111, sì mille e cento undici euro per compilare un contratto standard d’affitto per un anno, dove credo costi ovunque nel mondo, qui in Kenya e anche nella nostra strana Italia, in media 60€.
Quindi anche con questo caro esemplare di avvocato mi dovrò far viva con una lettera che gli spieghi un po’ dove deve ricollocarsi nel mondo.
Mi vien da dire che i serpenti da abbattere siano di altre razze, dimensioni e fattezze e soprattutto di totale inutilità, dato che da queste bestie velenose non esiste antidoto ma solo la morte, la loro. Mors tua vita mea. Eh, sì cari, non hanno capito ancora con chi hanno a che fare. Lo scopriranno presto.
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